La Storia

Ultima modifica 18 dicembre 2023

Storia e tradizioni
San Nicolò d’Arcidano è chiuso tra le catene del Monte Linas e del Monte Arci, ultimo Comune a Sud della Provincia di Oristano, al confine con la nuova Provincia del Medio Campidano. 

Il territorio è prevalentemente pianeggiante, la quota più alta dello stesso si trova a soli metri 29,33 sopra il livello del mare. Confina con i Comuni di Terralba, Uras, Mogoro, Pabillonis e Guspini e si estende per una superficie complessiva di 28,40 Kmq, la viabilità esistente consente l’arrivo a San Nicolò d’Arcidano in modo abbastanza semplice e agevole da qualsiasi direzione: infatti il paese formato da un unico agglomerato urbano, è attraversato dalla Strada Statale 126 e dalla Strada Provinciale 47. La prima consente il rapido raggiungimento del Comune di Terralba da una parte, per poi potersi dirigere verso Oristano, e di Guspini e Pabillonis dall’altra, la seconda permette un rapido collegamento ( 4 Km ) alla Strada Statale 131 che conduce a Cagliari e Oristano.

L’ubicazione del paese consente di raggiungere in modo veloce le coste della Marina di Arbus e Arborea, che distano rispettivamente 20 e 10 Km. Nel periodo estivo per via della vicinanza a queste località balneari si ha un notevole incremento di traffico verso il mare. Il territorio è attraversato da due corsi d’acqua, il “Flumini Mannu” e il “Rio Sitzerri”.

Particolarmente significativa è la coltivazione della vite da cui si producono vini di grande pregio, è coltivata in modo estensivo l’uva bovale nelle sue diverse varietà : Bovale di Spagna e Bovale Sardo o Muristellu, da queste particolari uve si producono nelle cantine sociali della zona e in cantine dei singoli produttori dei vini molto particolari e apprezzati.

La Storia
La data di fondazione del nostro paese risulta incerta in quanto non sono stati ritrovati documenti ufficiali.

Da un’analisi del territorio effettuata prima delle bonifiche del 1933, si può dedurre che la zona del fiume che scorre vicino al paese fosse un tempo un grande delta che poteva essere ritenuto appetibile dagli uomini che approdavano via mare, cioè dai primi abitanti della Sardegna.

Il luogo più vicino in cui sono stati notati alcuni segni è Marceddi, dove abbondavano le fucine per la lavorazione dell’ossidiana, e presumibilmente anche nel nostro paese esistevano di queste fucine infatti sono state trovate punte di frecce costruite con detto materiale.

Dell’epoca nuragica abbiamo invece notizie che provano l’esistenza nel nostro comune di 7 nuraghi.

Di qualcuno si possono notare ancora i ruderi.

Il più importante era il nuraghe di ”Peppi Tzappus”, che era un nuraghe composto, cioè con più di una torre, che si trovava nella regione di “is codinas”.

Non restano elementi che confermino il punto esatto in cui era situato tale nuraghe.

Gli altri nuraghe sono: 

  • Nuraghe “Nuracciolu”, che si trovava nella medesima regione.
  • Nuraghe “Fromiga”che si trovava sulla destra della strada che porta a “Bau Angius.
  • Un altro nuraghe si trovava dove oggi è sita la chiesa.
  • Un altro ancora era situato dove oggi si trova la casa di campagna dei Signori Murgia

L’epoca romana è l’unico periodo che si presta ad un’ analisi più completa, anche perché la vicinanza di S. Maria di Neapolis al nostro paese deve per forza avere lasciato qualche traccia nella nostra storia.

Nel nostro comune si notano 3 insediamenti Romani:

  • Is codinas, dove si sono ritrovate tracce di muratura in mattoni che secondo gli esperti risalgono all’ epoca Romana.
  • S. Pantaleo, dove, durante la messa a dimora di un vigneto, vennero alla luce delle urne con dentro dei resti umani, che purtroppo vennero distrutte da persone incapaci di cogliere il valore degli oggetti ritrovati.
  • S. Barbara, sito in cui si nota un insediamento Romano. Sono state ritrovate, durante l’aratura per la semina, delle urne funerarie con dei resti umani. Queste urne furono portate in paese e usate come recipienti per la fermentazione dell’uva.

Si usa dire che in questi siti si trovassero le antiche fondamenta del vecchio paese ma l’estensione dei territori esclude la possibilità di insediamenti di gruppi sufficientemente numerosi.

La cosa più probabile può essere che ci fossero delle Ville Romane, premio dell’imperatore ai centurioni per le loro prestazioni durante le campagne militari.

Risalente all’epoca Romana è anche il cippo che tiene la croce posta

all’uscita del paese nella strada per Uras di recente distrutto durante un incidente stradale.

Nel periodo dei Giudicati Arcidano apparteneva alla regione “Parte Montis” e faceva parte della curatoria di “Bonorcili”.

Pare che sino alla metà del 1300 esistessero due piccoli villaggi “Architano Magno” con una chiesa dedicata a San Nicolò e “Architano Parvo” con una piccola chiesa dedicata a San Pantaleo.

Questo è implicitamente confermato da Ugone III giudice di Arborea che nel suo testamento lascia in eredità alla chiesa di “Sant Nicolao de Architano Magno” 20 pecore e 2 buoi.

Dopo la metà del ’300 in Sardegna furono abbandonati molti piccoli villaggi, fra i quali “Architano Parvo”.

La parola Architano potrebbe voler significare sulla via dell’Arci, ossia villaggio attraverso il quale si procede per il Monte Arci, luogo in cui gli uomini di mare si recavano a far incetta di ossidiana.

La nostra zona si presentava infatti abbastanza comoda per favorire l’attracco delle navi Barbaresche, esisteva ancora il porto di Neapolis, e gli arabi che sbarcavano mettevano a ferro e fuoco tutto il circondario.

Di questi pirati si dice che vennero sconfitti nel sito “Fossaus” da una sortita di saccheggiati.

Loro si erano ubriacati e rientrando dal saccheggio di alcuni vilaggi non avevano trovato la strada per fare ritorno a bordo.

I pirati oltre a saccheggiare e bruciare i paesi che prendevano di mira, violentavano le donne e uccidevano gli uomini, e a volte li prendevano come schiavi.

In particolar modo venivano presi prigionieri i piccoli, perché erano più facili da addestrare alla vita dei pirati.

Si ha la notizia che uno di questi ragazzi detto “Scacciadiavoli”, venne preso da piccolo e divenne il peggiore dei pirati, temutissimo da tutti.

Numerosi furono gli attacchi da parte dei barbari, ma ne ricordiamo uno in particolare.

Nel 1563 il corsaro Drugut tentò diversi sbarchi nel golfo di Oristano e nel porto di “Marcellino” ,attuale marceddì, ci fu uno scontro fra gli uomini appena sbarcati ed una grossa comitiva di ritorno dal una battuta di caccia tenuta nelle selve di “Ercolento” durante il quale Drugut ebbe la peggio.

Quelli erano anni in cui i villaggi venivano attaccati di continuo e gli abitanti erano costretti a rimboccarsi le maniche e ricostruire tutto.

L’ultima ricostruzione pare sia avvenuto attorno al 1660 confermata dalle tesi riguardanti la chiesa parrocchiale.

Non si hanno notizie certe circa l’edificazione dell’esistente parrocchia di San Nicolò.

Per mezzo di segnalazioni tramandate oralmente si presume che la prima Cappella sia stata costruita, accanto al Cimitero dell’epoca, intorno al 1300 probabilmente in stile romanico – gotico.

I primi documenti posseduti rimandano al 1665, anno in cui viene indicata la presenza in Arcidano del Sacerdote Gavino Floris.

Vi è traccia poi nei “quinque libre” del 1676, dove si parla di un edificio in stile eclettico, e nei Registri di Amministrazione del 1741.

Questo breve excursus ci ricorda che questo paese è di recente costruzione e ciò lo dimostra anche la struttura attuale.

Non ci sono strade strette, non ci sono edifici che possano essere datati prima dell’inizio dell’800, nelle nostre campagne non esistono fabbricati antichi.

 


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